
Ho conosciuto anni fa Luca e Andrea, due fratelli nati in Campania e cresciuti nei campi agricoli dei nonni e dei genitori, che con sacrificio e dignità hanno custodito la nostra tradizione contadina. Nonostante una laurea con il massimo dei voti alla Federico II, furono costretti a partire: in quegli anni il Sud era prigioniero di un racconto a senso unico. I giornali parlavano solo di arretratezza e criminalità, i governi investivano poco e il pregiudizio verso il Meridione era altissimo. Per anni li vedevo tornare a Napoli soltanto a Natale, a Pasqua o d’estate, come accade ancora oggi a troppi giovani costretti a emigrare.
Poi qualcosa è cambiato: i social hanno aperto una breccia, dando voce a chi il Sud lo vive davvero. È nato un racconto nuovo, autentico, fatto di aziende che crescono, di turismo che aumenta, di giovani che scelgono di restare e di investire. Il Sud non è “meno” del Nord: è diverso, con forse una maggiore voglia di costruire futuro.
Oggi Luca e Andrea sono tornati. Hanno riportato qui le loro aziende, creato posti di lavoro e nuove opportunità. Non più emigranti, ma imprenditori coraggiosi: simboli di un movimento di ritorno che profuma di rinascita. Certo, i problemi restano — lavoro nero, precarietà, sottopagati — ma il Sud cresce, cammina più veloce di quanto si creda e, soprattutto, ha iniziato a raccontarsi da solo.
Non siamo stati salvati dai governi né da grandi investimenti: ci stiamo salvando con le nostre forze. È tempo di abbandonare la rassegnazione e vivere con orgoglio. La strada è lunga, ma finalmente la percorriamo da protagonisti.