
“Alcuni abbracci non si spiegano. Si sentono. E basta.”
Oggi sul palco della manifestazione nazionale per dire basta al massacro che sta devastando Gaza, tenutasi a Roma, c’era anche Rula Jebreal, giornalista e scrittrice palestinese con cittadinanza israeliana, naturalizzata italiana.
Ho ascoltato il suo discorso gentile, potente, appassionato.
E subito dopo l’ho abbracciata.
Le sue parole sono state un grido limpido, necessario.
Ha detto quello che troppi ancora negano o aggirano: a Gaza è in corso un genocidio.
Non una “crisi umanitaria”, non un “conflitto”.
Un genocidio. Punto.
E chiamarlo con il suo nome non è una forzatura.
È un dovere morale.
Perché le parole possono nascondere, anestetizzare, manipolare.
Ma possono anche illuminare, svegliare le coscienze, salvare vite.
“Il nostro dovere non è proteggere l’establishment, ma salvare esseri umani.”
Rula l’ha detto con coraggio e verità.
Io l’ho semplicemente abbracciata.
Per dirle grazie.
Per farle sentire che non è sola.
Perché in quel momento eravamo solo due donne, con il cuore in fiamme per lo stesso dolore, per la stessa ingiustizia.
Non dimenticherò mai le sue parole.
E ancora meno quell’abbraccio.

