
Ho incontrato al Comicon Lucia e Andrea, due fratelli ormai grandi che conosco fin da quando erano bambini. Oggi hanno quasi trent’anni, ma ogni volta che ci incrociamo, ci fermiamo a parlare della loro storia. Una storia che va raccontata: quella di Rocky e Tato.
Rocky era un cane meticcio, legato per anni a una catena arrugginita. Il tempo gli aveva insegnato a non abbaiare, a non chiedere nulla, a vivere di silenzi e rassegnazione. Spesso guardava con occhi tristi altri cani passeggiare liberamente, mentre lui rimaneva immobile, spettatore della felicità altrui.
In quegli stessi anni, tra i vicoli della città, un gatto dal pelo striato e gli occhi grandi cercava di sopravvivere. Si chiamava Tato. Camminava zoppicando, ferito e affamato, sempre in cerca di un angolo sicuro e di qualche anima buona pronta a prendersi cura di lui.
Passarono gli anni, e quando ormai sembrava che nessuno si interessasse più a loro, Rocky e Tato finirono in un rifugio. Lì trovarono accoglienza, cibo e cure. Tato, grazie all’attenzione dei volontari, tornò a camminare senza dolore, mentre Rocky conobbe per la prima volta la libertà, anche se limitata da un recinto: un piccolo grande inizio.
Un giorno, in quel rifugio, arrivarono i genitori di Lucia e Andrea. I bambini erano ancora piccoli, e i loro occhi si illuminarono quando incrociarono quelli di Rocky e Tato. In mezzo a tanti animali, scelsero proprio loro: due anime ferite, ma ancora capaci di amare.
“Imparare ad amare è la prima grande lezione”, diceva spesso la loro mamma. E così, giorno dopo giorno, in quella casa piena di giochi, cartoni animati e carezze, accadde qualcosa di straordinario.
Rocky, che un tempo tremava alla vista di una mano, cominciò a scodinzolare felice ogni volta che sentiva suonare il campanello: erano Lucia e Andrea che tornavano da scuola. Tato, che prima fuggiva da ogni passo umano, si lasciava coccolare e spesso dormiva acciambellato sul cuscino dei bambini.
Passarono gli anni, e i due fratelli crebbero in simbiosi con quei due animali, che sembravano aver capito tutto. Li accompagnarono nelle tappe più importanti della loro crescita, ricambiando con affetto profondo ogni gesto ricevuto.
È una storia che porto nel cuore perché l’ho vista da vicino. Perché quei due bambini, oggi adulti, hanno imparato che l’affetto non è scontato, che il rispetto si costruisce anche con chi non parla la nostra lingua, ma ci comprende con il cuore.
Da qualche anno, Rocky e Tato non ci sono più. Ma come tanti altri cani e gatti salvati, non sono stati solo animali da compagnia: sono stati maestri silenziosi, compagni d’anima, esempi di empatia. La loro storia continua a insegnare che le seconde possibilità esistono e sanno diventare miracoli.