
Qualche giorno fa ho rivisto Tommaso. Ha 22 anni, vive su una sedia a rotelle dalla nascita e viaggia con due amici inseparabili: Pepe, un cane meticcio dal muso dolce, e Sale, un gatto bianco dagli occhi azzurri. Li ha salvati dalla strada quando aveva solo 12 anni. Da allora non si sono più lasciati.
Hanno condiviso tutto: sorrisi e ostacoli, alberghi che non accettano animali, barriere architettoniche, trasporti impreparati e – soprattutto – un’Italia che troppo spesso dimentica cosa significhi davvero garantire i diritti.
Quest’anno, Tommaso ha deciso di attraversare la Campania insieme ai suoi genitori, per raccontare in prima persona cosa significa vivere la disabilità ogni giorno. E quanto sia ancora complicato viaggiare in questo Paese con un cane, un gatto e una carrozzina.
Mi ha parlato di strutture che si dichiarano inclusive ma dimenticano l’accessibilità. Di comuni che di fronte a una sedia a rotelle distolgono lo sguardo. Di istituzioni che parlano di “diritti”, ma non ascoltano davvero.
Eppure il suo sogno è semplice quanto potente: un’Italia dove la libertà di movimento sia per tutti, dove le barriere – fisiche e culturali – vengano abbattute, dove i diritti non siano concessioni ma certezze.
“Non chiedo pietà. Chiedo ascolto. E se un cane e un gatto mi hanno seguito fino a qui, forse è tempo che anche le istituzioni inizino a camminare con noi.”
Ha ragione Tommaso. A 22 anni ha più visione, più forza e più rispetto per gli altri di tanti adulti che siedono nei palazzi della politica.
Amministratori, istituzioni, politica tutta: è il momento di ascoltare, di agire, di progettare città accessibili e accoglienti.
Di smettere di promettere inclusione e iniziare a costruirla, ogni giorno.
E forse è il momento di riconoscere che, a volte, una forma di sostegno può avere quattro zampe, un miagolio, un guaito… e un cuore enorme. Come quello di Pepe e Sale. Come quello di Tommaso.